Disuguaglianza salariale di genere: perché le donne guadagnano meno

La disparità salariale di genere in Italia: le donne hanno in media una formazione superiore a quella degli uomini, ma incontrano maggiori difficoltà nell’ingresso nel mercato del lavoro e guadagnano, in media, 3.000 euro all’anno in meno. Ecco un’analisi approfondita del fenomeno, supportata dai dati.
La discriminazione salariale di genere è una realtà persistente e presente nella vita lavorativa quotidiana, soprattutto per le donne. Ma cosa significa esattamente parlare di gender pay gap? Si tratta della differenza retributiva tra uomini e donne a parità di ruolo e mansioni, un parametro che misura appunto questa discriminazione.
Il gender pay gap in Italia: le donne guadagnano meno nonostante studi più elevati
Esistono due principali tipologie di gap salariale di genere: quello grezzo, che si basa sulla differenza media della retribuzione oraria lorda, e quello complessivo, che oltre alla retribuzione oraria prende in considerazione anche il numero medio di ore retribuite al mese e il tasso di occupazione femminile.
Stando agli ultimi dati (dal 2019) dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, ricavati da Istat e Osservatorio JobPricing, il divario di genere in Italia si aggira attorno al 10% a favore degli uomini, che guadagnano mediamente 3.009 euro in più all’anno rispetto alle donne. La disparità sale a circa 4.000 euro per le venticinquenni e a 5.700 euro per le trentenni. Con l’aumentare dell’età, il gap salariale aumenta, arrivando a 9.000 euro di differenza per le donne tra i 45 e i 49 anni, a 10.000 euro per quelle tra i 50 e i 54 anni, e fino a 11.000 euro per le sessantenni.
Quando si analizza il reddito complessivo (guadagni orari, ore retribuite e tasso di occupazione), il quadro in Italia è altrettanto preoccupante: le donne che lavorano, laureate o non, sono ancora una minoranza. Secondo l’Istat, nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni solo il 50,1% delle donne lavora, mentre per gli uomini la percentuale sale al 68,7%.
La disparità salariale nel Sud Italia
Le donne meridionali sono le più penalizzate. Un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sul mercato del lavoro nel Mezzogiorno rivela che la partecipazione femminile al lavoro è drammaticamente bassa, con un tasso del 33%, rispetto al 59,2% nel Centro-Nord e al 63% nell’Ue-27. Questo divario genera una perdita economica significativa, poiché non sfruttare una parte del potenziale lavorativo femminile limita la crescita e l’innovazione della società nel suo complesso.
A livello europeo, l’EIGE (European Institute for Gender Equality) stima che raggiungere la parità di genere porterebbe a un aumento del tasso di occupazione tra 2,1 e 3,5 punti percentuali entro il 2050, con un incremento del PIL pro capite tra il 6,1% e il 9,6%. La disuguaglianza di genere non è quindi solo una questione sociale, ma anche economica: la sua persistenza frena la crescita e l’innovazione.
Il ruolo della maternità e del lavoro di cura
Una delle ragioni principali per cui le donne lavorano meno degli uomini è l’onere del lavoro di cura, che ricade principalmente su di loro. Quando le donne guadagnano meno degli uomini, spesso non hanno un salario sufficiente per coprire i costi legati alla cura della famiglia (asili nido, baby-sitter, ecc.), il che le spinge a rinunciare al lavoro. La situazione è peggiorata ulteriormente dalla pandemia: il Global Gender Gap Report 2021 ha registrato un drastico calo del lavoro femminile, con una riduzione del 37% nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Secondo la professoressa Cristina Bombelli, fondatrice di Wise Growth, affrontare il gender pay gap implica prima di tutto capire l’entità del fenomeno. È fondamentale progettare meccanismi di valutazione meritocratica che prendano in considerazione anche i periodi di assenza per maternità, che spesso penalizzano le donne nella crescita salariale.
In Italia, la maternità è uno dei fattori più penalizzanti: a cinque anni dal conseguimento della laurea, le donne senza figli registrano un tasso di occupazione del 85,1%, mentre le madri sono molto meno occupate, con un differenziale di 15 punti percentuali.
Part-time involontario e disuguaglianza salariale
Un altro aspetto che contribuisce alla disuguaglianza salariale è la prevalenza del lavoro part-time tra le donne. Secondo gli ultimi dati Istat, il 19,5% delle donne occupate lavora part-time involontariamente, il che comporta una riduzione delle ore lavorate e dei guadagni. Inoltre, quando le donne lavorano full-time e hanno figli, è loro difficile accettare straordinari o orari flessibili.
Le donne sono più istruite, ma lontane dalle STEM
Un elemento centrale nella valutazione della disparità salariale è il livello di istruzione. Le donne, infatti, sono in media più istruite degli uomini: secondo un’indagine di AlmaLaurea, il 58,7% delle laureate nell’ultimo anno erano donne, e le loro valutazioni medie di laurea sono superiori a quelle degli uomini (104 contro 102). Tuttavia, nonostante questi successi, le donne tendono a autoescludersi dalle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica), soprattutto a causa di stereotipi culturali che le vedono lontane dalle discipline scientifiche. Questo esclude molte professioniste da settori ad alta richiesta, con un impatto significativo sul gender pay gap futuro.
L’importanza della consapevolezza
Secondo la psicologa Giorgia Ortu La Barbera, molte donne non hanno consapevolezza del loro valore economico, né della discriminazione che subiscono. Molte non si indignano nemmeno per il lavoro sommerso che svolgono ogni giorno, come la cura della casa e dei figli, un onere che grava quasi esclusivamente su di loro. In media, le donne italiane dedicano cinque ore al giorno al lavoro di cura, mentre gli uomini non arrivano a due.
Conclusioni
Per ridurre la disparità salariale, è necessario un impegno concreto per sostenere le famiglie e promuovere una cultura di uguaglianza di genere non solo nel mondo del lavoro, ma anche nelle dinamiche familiari. Solo attraverso politiche adeguate e un cambiamento culturale potremo superare gli stereotipi e costruire una società più equa per tutti.